La condanna in primo grado e l'assoluzione in appello In primo grado, il Tribunale di Arezzo, il 14 dicembre 2018, aveva condannato Albertoni e Vanneschi a sei anni di reclusione ritenendo che Martina fosse precipitata dal balcone della camera dove alloggiavano i due ragazzi per fuggire a un tentativo di stupro. In appello invece, lo scorso 9 giugno, i due erano stati assolti dall'accusa di tentata violenza sessuale con la formula "perché il fatto non sussiste" mentre era stato dichiarato prescritto il capo di imputazione di morte come conseguenza di altro reato.
La sentenza di proscioglimento della Corte di appello di Firenze è stata impugnata dalla Procura generale di Firenze per "indizi non valutati", "motivazione contraddittoria" e "valutazione frazionata e priva di logica degli indizi". Anche il Pg della Suprema Corte, Domenico Seccia, nella sua requisitoria scritta depositata nei giorni scorsi, aveva chiesto di riesaminare la vicenda e annullare le assoluzioni.
Gli "indizi non valutati" In aula il Pg Seccia ha ribadito la sua richiesta e quella della procura fiorentina di annullare le assoluzioni per riesaminare alcuni elementi trascurati come un video in cui gli imputati, in questura a Genova, sembra manifestino sollievo per il fatto che non fossero stati trovati segni di violenza sul corpo di Martina. Proprio l'intercettazione del colloquio tra i due giovani aretini aveva portato a riaprire il caso della studentessa genovese che studiava architettura a Milano ed era in Spagna per la sua prima vacanza sola con le amiche.
Il padre di Martina: "Ora fare chiarezza" "Ce l'abbiamo fatta. Era indispensabile questo annullamento per fare chiarezza". Così il padre di Martina, Bruno Rossi, ha commentato la sentenza della Cassazione. "Adesso si lavora per avere il minimo di giustizia. Martina non me la ridarà nessuno, ma almeno si saprà cosa è successo quella notte. Ci hanno provato in tutti i modi a distruggere me e mia moglie. A raccontare un'altra storia. Ma io sono più duro di loro e non ho mai ceduto".
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